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Razzismo, no thanks

  • Immagine del redattore: Tancredi Pascucci
    Tancredi Pascucci
  • 14 nov 2015
  • Tempo di lettura: 1 min

Due piccole considerazioni alla luce dei fatti avvenuti in Francia che ho scoperto stamattina.

Dal punto di vista psicologico, il razzismo è quel processo mediante il quale, basandosi su un paio di esperienze personali, tratte da conoscenti o viste sui media, si generalizzano un certo numero di caratteristiche su un'intera popolazione. Da qui nasce un'aspettativa, positiva o negativa su una persona che faccia parte anche alla lontana di quella popolazione, magari anche se non ha niente in comune con essa, che porta il razzista a interagire con questa persona basandosi su idee completamente diverse dalla realtà.

Viene da sè che possiamo definire razzisti sia i terroristi che hanno sparato su chiunque fosse a portata (magari colpendo perfino qualcuno della loro stessa religione) a Parigi; sono razzisti coloro che, vedendo confermata la loro tesi sulla pericolosità dei musulmani, inneggeranno più spesso alla chiusura delle frontiere; sono razzisti anche coloro che li hanno sempre difesi per principio, dando sempre e comunque di default la colpa all'Occidente.

Si sta anche innescando un processo che in clinica viene definito simmetria, dove ciascuno esaspera le sue caratteristiche principali, che a loro volta rinforzano ed esasperano quelle dell'altro.

Se avviene con 2 individui problematici, funziona tragicamente meglio con 2 gruppi di persone.

Se un'azione criminosa viene fatta da parte di un gruppo di persone che poggiano la loro identità sull'odio a tutti i costi verso le altre culture e sul fanatismo religioso l'altra parte reagisce con odio a tutti i costi verso questo gruppo e preghiere.

Brutto affare.


 
 
 

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